Benché la presenza umana in territorio di Montresta sia attestata sin dall’Eneolitico (3500 a.C.), il paese che conosciamo oggi nacque solo nel 1750, quando, in questa porzione di Planargia a nord di Bosa si insediarono 52 famiglie di greci manioti.
Storia travagliata la loro, originari del Peloponneso e più precisamente della città di “Pylos” (oggi “Oitylo“) in Laconia, a una manciata di chilometri dall’antica Sparta, dovettero lasciare la loro terra natia dopo essere stati sconfitti dai turchi nel 1669, al termine di un’agguerrita resistenza divenuta leggendaria.
Parte di essi si trasferì a Cargese in Corsica, e poi, di lì, su volontà di Carlo Emanuele III, nel 1750 ben 52 famiglie per un totale di 148 persone, si spostarono in questo territorio subito a nord di Bosa, dove poterono godere di privilegi e vantaggi ottenuti con la carta reale, incluso l’uso della preesistente chiesa sotto il titolo di San Cristoforo.
Ancora oggi alcuni elementi architettonici e di artigianato locale, basato sulla lavorazione dei cestini in asfodelo e rafia, ricordano l’arte greca. Quanto alla popolazione di origine greca, parte si trasferì nuovamente, parte rimase e si fuse con le genti sarde. Tra le famiglie più importanti ricordiamo quella dei “Psaròs“, cognome oggi italianizzato in Passerò.
Come spesso accade, quando una popolazione va a inserirsi in un territorio terzo, nacquero presto delle frizioni e dei contrasti con coloro che già utilizzavano quelle terre. Successe a Cargese in Corsica e poi a Montresta in Sardegna. E’ una storia che, specie di questi tempi di grandi movimenti di popoli, profughi e rifugiati, di difficile integrazione e convivenza tra genti diverse, acquisisce ancora più interesse e rilevanza.